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Dott. ROBERTO
TOPINO = ex- blog offerto dal SUMAI TweetMotore
di ricerca del sito / Site Search Engine
Per
una
visione panoramica sulle tecnologie "aggressive" e possibilità
di difendersene vedi - con beneficio di inventario / look with caution
to - MIND-WEAPON
Vedi la / look at STUPRI-DI-GUERRA:
i figli dell'odio
Avviso
Durante il
mese di giugno 2011 - in
data che non sappiamo precisare -
il testo del 2 settembre 2010 di questo file è stato COMPLETAMENTE
CANCELLATO.
(ed è stato recuperato solo il 13 luglio
2011)
Si
consiglia di cercare
nel Motore di ricerca
interno al
sito ogni altro caso di analoghi danneggiamenti
Ho
trovato in rete tante proposte
per realizzare un
modulo
finalizzato al cosiddetto "testamento biologico", che è un
documento
scritto per garantire il rispetto della propria volontà in
materia di
trattamento medico (somministrazione di farmaci, sostentamento vitale,
rianimazione, etc.) anche quando non si è in grado di
comunicarla.
Secondo
i proponenti, nonostante
la legge ordinaria
italiana
non
abbia ancora sancito la validità di questo documento,
è importante
compilarlo per questi motivi:
-
Il medico ha un grande
potere discrezionale nella
somministrazione delle cure (dosaggio dei farmaci, valutazione
sull'opportunità di interventi chirurgici, ecc.).
Il testamento
biologico può aiutare - anche se (forse) non
obbligare - il medico a
rispettare la volontà del paziente;
- Il diritto all'autodeterminazione è sancito dalla
Costituzione
italiana. Prima o poi, il legislatore affermerà questo
diritto anche
per coloro che sono momentaneamente incapaci di esprimere la propria
volontà . Quando ciò accadrà,
nella malaugurata ipotesi di sopraggiunta
incapacità di comunicare, il testamento biologico
potrà dare maggiori
garanzie di rispetto della propria volontò .
-
Più
persone
compilano il testamento biologico, più il legislatore
sentirà la necessità di riconoscere il
diritto all'autodeterminazione
anche per coloro che sono momentaneamente incapaci di esprimere il
proprio consenso (o dissenso) informato.
In
linea di massima il
documento andrebbe firmato in originale
ed in
molteplici copie, affinché pi๠persone (tra
cui parenti, amici,
testimoni, ecc.) possano presentarlo ai medici curanti qualora
sopraggiungesse l'incapacità di comunicare.
Diversi
Comuni hanno creato
un registro dei testamenti
biologici per
i propri cittadini.
Conviene informarsi presso l'assessorato preposto alla
sanità del
proprio Comune.
Testo
della mia
dichiarazione.
Torino,
4 luglio 2010.
Sono
il dott. Roberto
Topino, medico specialista in medicina
del
lavoro, nato a Torino il 30 aprile 1952.
Nel pieno delle mie facoltà mentali rilascio la
registrazione audio e
video di questa mia dichiarazione a futura memoria.
Nell'eventualità che io sia colpito da una
malattia che danneggi
irreversibilmente le mie facoltà psico-fisiche e mi
impedisca di
comunicare ogni mio volere ai familiari, agli amici, al personale
sanitario, non voglio essere collegato ad apparecchiature da cui
dipenda la continuazione della mia vita, non voglio essere
più
sottoposto ad alcun trattamento terapeutico, non voglio essere
alimentato artificialmente.
Allo scopo di salvaguardare la dignità della mia persona
chiedo il
rispetto di queste mie volontà .
Grazie.
Secondo
la mia
interpretazione questa dichiarazione anticipata
di
volontà relative ai trattamenti sanitari:
NON è una richiesta di eutanasia.
NON rappresenta l'intenzione di non curarmi con i metodi
ufficiali di
terapia medica, ma semplicemente la scelta di sospendere le cure,
quando queste non siano più in grado di apportare
apprezzabili
miglioramenti della qualità della vita.
NON rappresenta l'intenzione di
sospendere le
cure
palliative e di
supporto, in particolare la terapia del dolore.
Esprimo apprezzamento per
l'operato di amici e
colleghi
che mi
stanno curando.
27
maggio 2010 Dott. ROBERTO TOPINO Nessun commento
La Stampa ha
pubblicato un
breve
articolo sul rischio da
radiazioni
ionizzanti legato alla presenza di materiali radioattivi utilizzati
nell'area del passate ferroviario, definita Spina 1.
In seguito ad una serie di
misurazioni effettuate in
città , ho
constatato che ci sono anche altre aree con livelli anormali di
radiazioni ionizzanti. L'area dove ho riscontrato i valori
più alti è
quella del monumento al Duca d'Aosta in piazza Castello. Il
valore di
radioattività è di circa dieci volte il
fondo naturale. Anche in
questo caso la sorgente di radiazioni è il tipo
di granito
utilizzato.
Purtroppo, specie nelle
giornate
festive, molte persone
si
siedono
sul monumento mettendo a rischio le parti del corpo più
sensibili
all'effetto delle radiazioni ionizzanti.
Le
autorità
comunali
sono al corrente del
rischio? Non
lo
sappiamo.
Per tutelare i cittadini bisognerebbe, come minimo, mettere una
cancellata tutto intorno al monumento al fine di impedire
l'accesso
all'area radioattiva.
In
singolare coincidenza
temporale, La Stampa, lo stesso
giorno,
nella prima pagina della cronaca cittadina, pubblica un articolo dove
spiega che il monumento in questione verrà circondato da
una cancellata
per impedire l'accesso"¦ agli skaters.
Si
è tenuta
ieri presso la
Casa delle Associazioni una
conferenza
stampa promossa da alcune associazioni iscritte alla Consulta per
l'Ambiente (Codisa, Italianostra, Legambiente, Ricomincio da
Grillo) e
dai gruppi di lavoro della Consulta "Tutela della salute ed
educazione
ambientale"� e "Rifiuti Zero"�.
Scopo
della conferenza
stampa divulgare un documento, redatto
dalle
associazioni all'interno dei gruppi di lavoro che riporta dati
riguardanti analisi compiute dall'Istituto Mario Negri di
Milano per
conto di a2a all'interno del sito dell'inceneritore
cittadino, e
commentare una relazione redatta da ARPA a seguito della visita
ispettiva dell'agosto 2008.
Le
analisi in questione
sono arrivate alle associazioni grazie
alla
loro attiva collaborazione con i gruppi di lavoro della consulta,
strumenti di confronto e lavoro atti anche a concretizzare un impegno
delle associazioni all'interno degli osservatori cittadini.
In
questo caso la
documentazione è stata ottenuta all'interno
dall'osservatorio sull'inceneritore nel quale è presente un
rappresentante della consulta che è anche coordinatore del
gruppo "Tutela della salute ed educazione ambientale"�. Il
gruppo si avvale
inoltre della collaborazione di esperti esterni quali il Dott.
Celestino Panizza e il tecnico Marco Caldiroli entrambi di Medicina
Democratica.
Il
documento presentato
riporta i dati di diossine/PCB e IPA
(idrocarburi policiclici aromatici) rilevati nelle analisi effettuate
sull'aria all'interno del sito
dell'inceneritore in 4 diversi periodi
fra il 2008 e il 2009.
I
dati rilevati mostrano
picchi elevatissimi ma anche il dato
medio è molto più alto che qualsiasi altra analisi
effettuata in precedenza
nel territorio bresciano. Si è voluto, infatti, comparare
il dato
rilevato con le analisi effettuate dall'ISS nel 2007/2008 per
il
monitoraggio del sito Caffaro e il risultato fra le due medie è
sconvolgente se si pensa che in prossimità
dell'inceneritore si hanno
valori medi doppi per PCB e diossine e addirittura 10 volte maggiori
per gli IPA .
La
situazione si fa ancora
più preoccupante se si considerano
i dati
alla luce dello studio matematico di ricaduta delle polveri
dell'inceneritore elaborato da ARPA nel 2005 (sempre sostenuto
da a2a e
Comune). Nello studio, infatti, si definisce come area di massima
ricaduta delle polveri la zona compresa fra 1.5/2 km
dall'inceneritore
e viene quindi spontaneo chiedersi se i dati sono cosà¬
elevati in
prossimità dell'impianto (ritenuta zona meno
compromessa) quali saranno
alla distanza indicata come critica nel modello matematico di ARPA?
Impossibile
poi non
ripensare al caso del "latte alla
diossina"� che
ha coinvolto gli allevatori a sud dell'inceneritore fra la fine
del
2007 e l'inizio 2008. A seguito del problema l'ASL si
affrettಠad
assolvere pienamente l'inceneritore attribuendo la causa
dell'inquinamento ad altro ma alla luce di quanto emerso con
queste
analisi diviene difficile non mettere nuovamente in discussione tali
conclusioni peraltro già pesantemente contestate dalle
associazioni
ambientaliste al tempo della loro divulgazione.
Ora
le associazioni non
possono non chiedere ancora e con
forza alle
istituzioni un intervento deciso, in primo luogo per spiegare come mai
dati come questi non siano mai stati resi noti e in secondo luogo per
valutare attentamente l'opportunità di effettuare
rilevamenti a terra
come previsto dall'autorizzazione iniziale
dell'inceneritore ma mai
effettuati prima.
Da
quanto emerso si
puà²
facilmente ipotizzare un'esposizione
della
popolazione ad agenti inquinanti altamente pericolosi, cancerogeni,
interferenti endocrini estremamente pesante che deve essere monitorata
al fine di poter attuare provvedimenti concreti per tutelare la salute
pubblica.
Inoltre
ARPA segnala nella
sua relazione una serie di mancanze
nell'impianto e Caldiroli le analizza una per una nelle sue
osservazioni. Particolarmente allarmante il fatto che manchi un
effettivo controllo del contenuto di cloro dei rifiuti in relazione ai
tempi di permanenza nella camera di post combustione, procedura
indispensabile per la riduzione del contenuto di diossina, e anche il
fatto che i metalli pesanti rilevati dalle analisi ARPA in sede
ispettiva siano tutti a livelli circa doppi rispetto alle rilevazioni
effettuate da a2a.
Brescia
è una
città
fortemente inquinata che deve la sua
situazione
a molteplici fonti di inquinamento ma è certo che
l'inceneritore
contribuisce pesantemente ad aggravare questa situazione nonostante a2a
e Comune abbiano sempre minimizzato e negato questa evidenza ora palese
e sotto gli occhi di tutto grazie alle analisi emerse.
Le
associazioni della
consulta continueranno a lavorare nel
gruppo
di lavoro e nell'osservatorio per chiedere risposte e
controlli,
auspichiamo che anche il comune si schieri insieme a loro dalla parte
dei cittadini pretendendo controlli e attuando, ove necessario,
provvedimenti.
Ricordiamo
che
l'inceneritore sorge in pieno centro abitato,
molte
persone vivono "all'ombra del camino"� ed è dovere del
Sindaco tutelare
la salute pubblica anche a discapito degli interessi economici di a2a.
Una Spa che gestisce un impianto assolutamente sovradimensionato
rispetto alle esigenze della città , esigenze che
potrebbero venire
azzerate con una corretta gestione dei rifiuti come già
avviene in
altre zone d'Italia
Di seguito i documenti
distribuiti
durante la conferenza
stampa:
18
aprile 2010 Dott.
ROBERTO TOPINO Nessun
commento
Una
vasta area di
Torino, che sovrasta il passante
ferroviario da largo Orbassano a corso Vittorio Emanuele, risulta
pavimentata con granito, che presenta un valore di
radioattività ben
superiore a quello rilevabile in altri graniti comunemente in commercio.
I
valori di
radioattività , riscontrati con un contatore
Geiger, superano pressoché costantemente di almeno quattro
volte il
livello atteso di circa 0,10 µSv/h, in alcuni punti
raggiungono e
superano il valore di 0,60 µSv/h con una punta di 1,48
µSv/h.
Valori
superiori a
0,60 µSv/h rivelano la presenza di
una
fonte radioattiva.
Alcune
misurazioni
sono state fatte anche con un
contatore a
scintillazione che, affiancato al Geiger, ha dato risultati
sostanzialmente identici.
Per
esempio, se
venisse realizzata una centrale
nucleare a
Torino, la dose aggiuntiva di radiazioni per la popolazione circostante
dovrebbe essere contenuta entro il limite di 1 mSv/anno in
più rispetto
alla radiazione naturale, che a Torino è pari a 0,86
mSv/anno, pertanto
il limite di legge dovrebbe essere di 1 mSv/anno oltre al fondo
naturale di 0,86 mSv/anno e cioè 1,86 mSv/anno pari a 0,21
µSv/h.
Anche
applicando
discutibili fattori correttivi, che
consistono nel dividere la potenziale esposizione annua per le ore
effettivamente trascorse nei paraggi del granito radioattivo, il
livello di esposizione calcolabile non è indifferente ed
è sicuramente
superiore al valore, previsto dalla legge, più basso
ragionevolmente
ottenibile, sia pur tenendo conto dei fattori economici e sociali,
perché non vi era alcun impedimento all'utilizzo
di granito
radiologicamente inerte, cosଠcome quello utilizzato, ad
esempio, nei
pressi della Procura della Repubblica o all'interno della
stazione
ferroviaria di Porta Nuova.
Si
potrebbe
obiettare che trattandosi di un'area di
transito è probabile che l'esposizione a rischio, una volta
calcolata, rientri
nei limiti o sia borderline; questo ragionamento, perà²,
non tiene conto
del fatto che anche bambini e donne gravide possono subire, senza
essere stati informati, gli effetti delle radiazioni ionizzanti ad un
livello superiore a quello ottenibile con un minimo di attenzione
nell'acquisto dei materiali per la pavimentazione.
Parimenti
grave
è
il rischio dei lavoratori che hanno
estratto, tagliato, sagomato e posizionato quel granito e che
sicuramente hanno inalato polvere radioattiva ed è assai
verosimile che
non siano stati informati e formati sulle precauzioni da adottare,
né
sottoposti a controlli sanitari mirati.
Per
questi motivi
si richiede di verificare se siano
state
rispettate le direttive Euratom in tema di radiazioni ionizzanti.
Si
allega un breve
riassunto dei punti che, a quanto
pare,
non sono stati rispettati.
Decreto
Legislativo
del Governo 17 marzo 1995 n° 230
modificato
dal
D.
Lgs. 26
maggio 2000 n. 187,
dal
D.
Lgs. 26
maggio 2000 n. 241
e
dal
D. Lgs. 9
maggio 2001 n. 257
"Attuazione
delle
direttive 89/618/Euratom,
90/641/Euratom,
92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni
ionizzanti."�.
Capo
I
“CAMPO DI
APPLICAZIONE. PRINCIPI GENERALI DI
PROTEZIONE DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI".
Art.
1
Campo di
applicazione.
1.
Le
disposizioni del
presente decreto si applicano:
b-bis)
alle
attività lavorative diverse dalle pratiche
di
cui ai punti 1, 2 e 3 che implicano la presenza di sorgenti naturali di
radiazioni, secondo la specifica disciplina di cui al capo III-bis;
Capo
III-bis
ESPOSIZIONI
DA
ATTIVITà€ LAVORATIVE CON PARTICOLARI
SORGENTI
NATURALI DI RADIAZIONI
Art.
10-bis Campo
di applicazione
1.
Le
disposizioni
del presente capo si applicano alle
attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di
radiazioni
naturali conduce ad un significativo aumento dell'esposizione
dei
lavoratori o di persone del pubblico, che non puಠessere
trascurato dal
punto di vista della radioprotezione. Tali attività
comprendono:
c)
attività
lavorative implicanti l'uso o lo
stoccaggio di
materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono
radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo
dell'esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone
del
pubblico;
Art.
19
Obbligo di
informativa.
1.
Chiunque importa o
produce, a fini commerciali, o comunque commercia
materie radioattive, prodotti e apparecchiature in genere
contenenti dette materie, deve provvedere a che ogni sorgente immessa
in commercio sia accompagnata da una informativa scritta sulle
precauzioni tecniche da adottare per prevenire eventuali
esposizioni indebite, nonché sulle modalità
di smaltimento o comunque
di cessazione della detenzione.
Art.
61
Obblighi
dei datori di lavoro, dirigenti e
preposti.
1.
I
datori di lavoro
ed i
dirigenti che rispettivamente
eserciscono
e dirigono le attività disciplinate dal presente decreto
ed i preposti
che vi sovraintendono devono, nell'ambito delle rispettive
attribuzioni
e competenze, attuare le cautele di protezione e di sicurezza previste
dal presente capo e dai provvedimenti emanati in applicazione di esso.
2.
I
datori di lavoro,
prima dell'inizio delle attività di cui
al
comma 1, debbono acquisire da un esperto qualificato di cui
all'articolo 77 una relazione scritta contenente le valutazioni
e le
indicazioni di radioprotezione inerenti alle attività
stesse.
A tal fine i datori di lavoro forniscono all'esperto
qualificato i
dati, gli elementi e le informazioni necessarie. La relazione
costituisce il documento di cui all'articolo 4 comma 2, del
decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per gli aspetti concernenti i
rischi
da radiazioni ionizzanti.
3.
Sulla base delle
indicazioni della relazione di cui al
comma 2, e
successivamente di quelle di cui all'articolo 80, i datori di
lavoro, i
dirigenti e i preposti devono in particolare:
a)
provvedere
affinché gli
ambienti di lavoro in cui sussista
un
rischio da radiazioni vengano, nel rispetto delle disposizioni
contenute nel decreto di cui all'articolo 82, individuati,
delimitati,
segnalati, classificati in zone e che l'accesso ad essi sia
adeguatamente regolamentato.
b)
provvedere
affinché i lavoratori interessati siano
classificati ai fini della radioprotezione nel rispetto delle
disposizioni contenute nel decreto di cui all'articolo 82.
c)
predisporre norme
interne di protezione e sicurezza
adeguate al
rischio di radiazioni e curare che copia di dette norme sia
consultabile nei luoghi frequentati dai lavoratori, ed in particolare
nelle zone controllate;
d)
fornire ai
lavoratori, ove necessari, i mezzi di
sorveglianza dosimetrica e di protezione, in relazione ai rischi cui
sono esposti;
e)
rendere edotti i
lavoratori, nell'ambito di un programma di
formazione finalizzato alla radioprotezione, in relazione alle mansioni
cui essi sono addetti, dei rischi specifici cui sono esposti, delle
norme di protezione sanitaria, delle conseguenze derivanti dalla
mancata osservanza delle prescrizioni mediche, delle
modalità di
esecuzione del lavoro e delle norme interne di cui alla lettera c);
f)
provvedere
affinché i
singoli lavoratori osservino le norme
interne di cui alla lettera c), usino i mezzi di cui alla
lettera d) ed osservino le modalità di esecuzione del
lavoro di cui
alla lettera e);
g)
provvedere
affinché siano apposte segnalazioni che
indichino il tipo di zona, la natura delle sorgenti ed i relativi tipi
di rischio e siano indicate, mediante appositi contrassegni, le
sorgenti di radiazioni ionizzanti, fatta eccezione per quelle non
sigillate in corso di manipolazione;
h)
fornire al
lavoratore esposto i risultati delle
valutazioni di dose effettuate dall'esperto qualificato, che lo
riguardino direttamente, nonché assicurare
l'accesso alla
documentazione di sorveglianza fisica di cui all'articolo 81
concernente il lavoratore stesso;
Capo
IX
-
PROTEZIONE SANITARIA DELLA POPOLAZIONE.
Sezione
I "“
Protezione generale della popolazione.
Art.
97
Attività
disciplinate. Vigilanza.
1.
Le
disposizioni
del presente capo si applicano alle
attività che comunque espongono la popolazione ai rischi
derivanti
dalle radiazioni ionizzanti.
2.
La
tutela sanitaria
della popolazione spetta al Ministero
della
sanità che si avvale degli organi del servizio sanitario
nazionale.
3.
La
vigilanza per la
tutela sanitaria della popolazione si
esercita su tutte le sorgenti di radiazioni ionizzanti al fine di
prevenire, secondo i principi generali di cui all'articolo 2,
esposizioni della popolazione e contaminazioni delle matrici
ambientali, delle sostanze alimentari e delle bevande, ad uso
sia umano che animale, o di altre matrici rilevanti.
4.
La
vigilanza di cui
al
comma 3 è esercitata attraverso gli
organi
del servizio sanitario nazionale competenti per territorio e attraverso
l'ANPA, che riferisce direttamente ai Ministeri della
sanità ,
dell'ambiente e della protezione civile, per quanto di
competenza.
Art.
99
Norme
generali di protezione - Limitazione
delle
esposizioni.
1.
Chiunque pone in
essere
le attività disciplinate dal
presente
decreto deve attuare le misure necessarie al fine di evitare che le
persone del pubblico siano esposte al rischio di ricevere o impegnare
dosi superiori a quelle fissate con il decreto di cui
all'articolo 96,
anche a seguito di contaminazione di matrici.
2.
Chiunque pone in
essere
le attività disciplinate deve
inoltre
adottare tutte le misure di sicurezza e protezione idonee a ridurre al
livello
più basso ragionevolmente ottenibile, secondo le
norme
specifiche di buona tecnica, i contributi alle dosi ricevute o
impegnate dai gruppi di riferimento della popolazione, nonché
a realizzare e mantenere un livello ottimizzato di protezione
dell'ambiente.
Art.
106
Esposizione della popolazione nel suo insieme
1.
L'ANPA,
in collaborazione con l'ISPESL e
con
l'Istituto superiore di sanità , anche sulla base
dei dati forniti dagli
organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio,
effettua la stima dei diversi contributi all'esposizione della
popolazione derivanti dalle attività disciplinate dal
presente decreto,
dandone annualmente comunicazione al Ministero della sanità ,
anche ai fini delle indicazioni da adottare affinché il
contributo delle pratiche all'esposizione dell'intera
popolazione sia
mantenuto entro il valore più basso ragionevolmente
ottenibile, tenuto
conto dei fattori economici e sociali.
Il
D.Lgs. 241/2000 prescrive
l'obbligo
di
classificare
gli
ambienti di lavoro sottoposti a regolamentazione per motivi di
protezione contro le radiazioni ionizzanti. Le zone classificate
possono essere zone controllate o zone sorvegliate.
E' classificata zona controllata ogni area di lavoro ove
sussiste per i
lavoratori ivi operanti il rischio di superamento di uno qualsiasi dei
seguenti valori:
- 6 mSv/anno per esposizione globale o di equivalente di dose efficace;
- 45 mSv/anno per il cristallino;
- 150 mSv/anno per la pelle, mani, avambracci, piedi, caviglie.
E' classificata zona sorvegliata ogni area di lavoro, che non
debba
essere classificata zona
controllata, ove sussiste per i lavoratori ivi operanti il rischio di
superamento di uno qualsiasi dei seguenti valori:
- 1 mSv/anno per esposizione globale o di equivalente di dose efficace;
- 15 mSv/anno per il cristallino;
- 50 mSv/anno per la pelle, mani, avambracci, piedi, caviglie.
Alcuni
riferimenti utili come
esempio per illustrare
brevemente i
metodi di misurazione ed i livelli di radiazione ambientale.
A
Torino il fondo urbano è
più
basso della media
nazionale,
pertanto
il limite di legge dovrebbe essere proporzionalmente inferiore.
A
Torino il livello medio di
radiazioni naturali
è di
circa
0,86
mSv/anno pari a 0,10 µSv/h.
Il
limite di legge reale dovrebbe
essere di 1
mSv/anno
oltre
al
fondo naturale di 0,86 mSv/anno e cioè 1,86 mSv/anno pari a
0,21 µSv/h.
Equivalente
di dose
assorbito
dalla
popolazione residente in varie città italiane per effetto
delle
radiazioni naturali
Città
Dose
annua (mSv/anno)
Dose
annua (mRem/anno)
Dose
oraria (mRem/h)
ANCONA
0,85
85
9,7
AOSTA
0,49
49
5,6
BARI
0,83
83
9,5
BOLOGNA
0,80
80
9,1
CAGLIARI
0,86
86
9,8
CAMPOBASSO
0,69
69
7,9
FIRENZE
0,77
77
8,8
GENOVA
0,75
75
8,6
L'AQUILA
0,82
82
9,4
MILANO
0,82
82
9,4
NAPOLI
2,13
213
24,3
PALERMO
0,90
90
10,3
PERUGIA
0,86
86
9,8
POTENZA
1,31
131
15
REGGIO CALABRIA
1,28
128
14,6
ROMA
1,58
158
18
TORINO
0,86
86
9,8
TRENTO
0,84
84
9,6
TRIESTE
0,76
76
8,7
VENEZIA
0,77
77
8,8
DOSI
MASSIME
AMMISSIBILI
VIGENTI
Decreto del Presidente della Repubblica 13 Febbraio 1964 n. 185 Decreto
Legislativo n. 241/2000
Categoria
persone
intensità
dose
annua
intensità
dose
oraria
dose
unica di emergenza
soccorritori
volontari
0,12 Sv ( 12
rem ) -eccezionale
concordata-
soccorritori
250 mR/h
(vigili del fuoco "“
12 h)
0,03 Sv ( 3
rem)
lavoratori
professionalmente esposti
50 mSv
(5 rem)
2,5 mR/h
popolazione
1 mSv
(0,1 rem)
0,114
µSv/h (0,0114
mR/h)
In
generale, dunque,
bisogna tenere presente
che, in
una
corretta ottica radioprotezionistica occorre cercare di applicare il
ben noto principio ALARA, secondo il quale all exposures must be kept
As Low As Resonable Achievable, cioè ogni esposizione va
mantenuta al
più basso livello possibile per quanto cià²
sia ragionevolmente
ottenibile.
Il
Dott. Ernesto
Burgio (Coordinatore del Comitato
Scientifico di ISDE ITALIA) risponde a Berlusconi che promette di
sconfiggere il cancro in 3 anni.
25
marzo 2010
Ieri
in prima pagina
sul quotidiano
ecologista Terra (in edicola in tutt'Italia)
sono
comparse le nostre
prime
risposte (a firma di Paolo Crosignani e mia); domani
in prima pagina ci saranno le risposte di Benedetto
Terracini e Patrizia Gentilini. Chiunque
volesse inviare altri commenti puಠfarlo, scrivendo a me
o, ancora
meglio, direttamente al bravissimo redattore che ha curato questi primi
articoli. Terra redazione: Valerio Ceva Grimaldi
Ecco
la mia risposta di
ieri:
Mi
pare che a volte il
Presidente del Consiglio riveli una
certa
propensione a sottovalutare i problemi reali e a sopravvalutare le
proprie capacità taumaturgiche. Nel 1971 il presidente
Nixon lanciಠla
sua dichiarazione di guerra al cancro. Da allora il cancro ha dilagato,
dapprima in tutto il mondo occidentale, poi nel III mondo, dove i
trends di aumento sono negli ultimi anni ancora
più
allarmanti.
Anche se
non tutti gli scienziati sono d'accordo, appare evidente il
nesso tra
inquinamento fisico-chimico e stili di vita tipici del nostro modello
di sviluppo e incremento rapidamente progressivo delle malattie
cronico-degenerative e tumorali. E questo praticamente in tutte le
età
della vita: persino tra i bambini. particolarmente preoccupante appare
l'incremento di oltre 3%/anno nel primo anno di vita, nel
nostro Paese:
il che significa oltre il 50% in più di tumori della
primissima
infanzia negli ultimi 20 anni. si tratta di un problema delicato e
complesso. Tutte le dichiarazioni semplicistiche "“ tanto quelle
allarmistiche, quanto quelle ottimistiche a oltranza, purtroppo
destituite di ogni fondamento scientifico "“ sarebbero da
evitare, in
specie da parte di personaggi che ricoprono ruoli di grande
responsabilità . Tanto più se simili
esternazioni vengono fatte in sedi
poco idonee, quali certamente sono i comizi in piena campagna
elettorale. I grandi progressi fatti negli ultimi anni nel campo della
biologia molecolare e della post-genomica ci hanno offerto ragguagli
importanti per quanto concerne i meccanismi fini, molecolari, della
carcinogenesi. Purtroppo tra la comprensione di questi meccanismi e la
messa in campo di concrete strategie preventive e terapeutiche passano
spesso anni o decenni. Anche perché le scoperte
più recenti dimostrano
che il cancro è una malattia genetica, anzi in primis
epi-genetica: conseguente cioè a modifiche del software,
per
cosଠdire, del nostro genoma, che potrebbero essere
evitate, riducendo
l'esposizione ai fattori inquinanti che le determinano. Il
problema è
che molti di questi inquinanti, come metalli pesanti, idrocarburi,
fibre di amianto, campi elettromagnetici, sono ormai diffusi
nell'aria
che respiriamo e nelle catene alimentari e per ridurre
l'esposizione
nostra e dei nostri bambini bisognerebbe quasi azzerare il traffico
veicolare nelle nostre città , impedire la costruzione di
impianti
industriali inutili, costringere gli industriali a ridurre le emissioni
dei loro impianti in generale. Francamente non credo che il
premiertrends
preoccupanti di incremento annuo comincino a
invertirsi sarebbe possibile e auspicabile.
avesse in mente questo tipo di soluzioni. Da decenni
cerchiamo di
mettere in chiaro che la prevenzione primaria consiste nella riduzione
degli inquinanti nell'aria che respiriamo e nei cibi che
mangiamo.
Bisognerebbe rendersi conto, ad esempio e una volta per tutte,
che se le donne sono esposte a dosi massive e quotidiane di metalli
pesanti, benzene e pesticidi, i loro figli saranno a rischio di
sviluppare malattie gravi e tumori maligni anche a decenni di distanza
dall'esposizione. Gli attuali studi tossicologici ed
epidemiologici,
anche se condotti seriamente, non possono che sottovalutare il
problema. Eppure gli investimenti nella ricerca in questo campo sono
praticamente nulli, anche perché la grande industria che
ormai finanzia
quasi tutta la ricerca, non ha interesse a investire in studi che
dimostrino quello che è, caso mai, suo interesse
nascondere. Ma chissà ,
forse il Presidente del Consiglio intendeva alludere proprio a questo.
Sconfiggere il cancro in tre anni è un'utopia. Ma
cominciare a far sà¬
che i
Ernesto Burgio
(Coordinatore
del
Comitato
Scientifico di ISDE ITALIA)
Ed ecco il commento lapidario
di
Paolo Crosignani.
Oggi quasi tutti i tumori sono in aumento mentre gli indici di
curabilità sono stabili. Non esistono premesse
né molecolari né di
altra natura che possano oggi farci pensare che questo quadro potrebbe
cambiare a breve. E anche la prevenibilità non è
applicabile a tutti i
tumori. Con questi argomenti si puಠserenamente affermare
che
l'affermazione di Berlusconi è semplicemente falsa.
Paolo Crosignani (Direttore
Unità
Complessa "Registro Tumori ed Epidemiologia Ambientale"�,
Fondazione IRCCS
Istituto dei Tumori, Milano e membro del Comitato Scientifico di ISDE
ITALIA)
La fotografia mostra i
devastanti effetti delle
nanopolveri
(i puntini neri) nel sangue, che si comportano come corpi estranei
e stimolano la produzione di fibrina (i filamenti) con la
conseguente formazione di trombi. In basso a destra, per valutare le
dimensioni, c'è un riferimento delle
dimensioni di 10 µm,
ovvero 10 millesimi di millimetro (PM10).
Parlare di polvere
puಠsembrare banale,
tutti noi
sappiamo
cos'è la
polvere, si annida dappertutto e per rimuoverla occorre una scopa, uno
straccio e tanta fatica.
Si puಠusare anche un aspirapolvere, che la rimuove e la
fa finire in
un sacchetto di carta con caratteristiche tali da funzionare come un
filtro.
Noi, in questa occasione, non parliamo di quella polvere, ma di una
polvere molto più fine, che riesce a superare anche il
filtro
dell'aspirapolvere.
Qualcuno, cambiando il sacchetto dell'aspirapolvere,
avrà notato una
polverina molto fine, simile al borotalco, che si annida
all'interno
dell'apparecchio e che, purtroppo, non viene trattenuta dai
filtri e
ritorna nell'ambiente.
Da alcuni anni si stanno studiando le interazioni tra queste polveri
inorganiche finissime e l'organismo.
Quali sono le loro dimensioni.
Le polveri sottili si dividono
in
nanopolveri e
micropolveri.
Le nanopolveri hanno un diametro tra 10-9 e 10-7
metri, cioè tra un miliardesimo di metro e un decimo di
milionesimo di
metro.
Le micropolveri sono più grandi: tra 10-6
e 10-5
metri, che vuol dire che sono comprese tra un milionesimo ed un
centomillesimo di metro.
L'unità di misura più comunemente
utilizzata per queste misure è il µm
(micron), che è il millesimo di millimetro,
cioè 10-6
metri.
Tutti noi abbiamo sentito parlare delle PM10 (PM = Particulate Matter),
che sono quelle polveri che vengono misurate per valutare il livello di
inquinamento nelle città . La sigla PM10 identifica le
particelle che
hanno un dimetro di 10 µm, ovvero 10 millesimi di
millimetro.
La legge attualmente in vigore individua due valori limite di PM10:
- Il primo è un valore limite di 50
µg/m³ come valore medio misurato
nell'arco di 24 ore da non superare più di 35
volte/anno.
- Il secondo come valore limite di 40 µg/m³
come media annuale.
Da dove vengono.
Queste particelle si possono
trovare in natura e possono
coprire
grandissime distanze.
Sono prodotte dai vulcani, dagli incendi, dai fulmini e
dall'erosione
delle rocce, da parte del vento e dell'acqua.
La sabbia del deserto è un esempio evidente: tutti noi
l'abbiamo vista
cadere a volte insieme alla pioggia e sporcare le automobili e i vetri
delle nostre finestre.
Si tratta di sabbia che per effetto dei venti ha percorso migliaia di
chilometri.
Le polveri fini inorganiche prodotte dalla natura non hanno grossi
effetti sulla nostra salute, perché sono in
quantità molto ridotta e si
trovano solo in rare occasioni, ad esempio durante le eruzioni
vulcaniche.
Il
nostro organismo è
molto ben difeso dalle polveri di dimensioni
maggiori. Mentre respiriamo, le polveri più grossolane si
fermano nel
naso e quelle di dimensioni inferiori si fermano nella trachea e nei
bronchi, raggiungendo le parti più profonde del polmone in
modo
inversamente proporzionale alle loro dimensioni.
Le micropolveri PM10 si fermano nel naso e nella gola, le PM2,5
raggiungono i bronchi più piccoli e le PM1 arrivano fino
agli alveoli
polmonari.
All'interno dei bronchi esiste un meccanismo mirabile per
ripulirli: si
tratta di un sottile strato di muco a cui la polvere si fissa. Questo
muco non sta fermo, ma, per effetto del movimento delle microscopiche
ciglia delle cellule che rivestono i bronchi, esso viene sospinto verso
le vie aeree superiori fino al retrobocca, dove viene espulso con la
tosse o deglutito, insieme con la polvere.
Queste polveri, evidentemente, possono causare irritazione delle vie
aeree e qualche fastidioso "mal di gola"�.
Molto diverso è il discorso che riguarda le nanopolveri
(inferiori a
PM0,1), che dopo essere state inalate, si possono trovare nel sangue
già dopo circa un minuto e di seguito possono raggiungere
tutti gli
organi (fegato, reni, ecc.).
Alcuni studiosi hanno dimostrato che queste particelle nel sangue
aumentano la produzione di fibrina, in altre parole favoriscono la
coagulazione del sangue all'interno delle arterie e delle vene
formando
i cosiddetti trombi (foto), che possono essere causa di infarti, di
embolie e di ictus.
Queste particelle, che a tutti gli effetti sono corpi estranei, possono
essere causa di granulomi all'interno dei tessuti: i granulomi
sono una
reazione dell'organismo alla presenza di germi o sostanze in
grado di
fare danni; per effetto dell'infiammazione si forma un tessuto
di
difesa che, nel tempo, puಠanche causare il cancro.
E' chiaro che soltanto la sabbia del deserto e le eruzioni
vulcaniche
non sarebbero un grosso problema per la nostra salute, ma, purtroppo
l'uomo è diventato un grande produttore di
nanopolveri, che si
sviluppano soprattutto per effetto delle attività
manifatturiere.
Sono grandi produttori di polveri le fonderie, le acciaierie, le
centrali elettriche, gli aerei, le cave e le miniere a cielo aperto, i
cementifici, i cantieri e le attività di saldatura dei
metalli.
Anche i veicoli sono produttori di nanopolveri, non solo per le
emissioni dei motori, ma anche per l'usura dei freni, delle
gomme e,
naturalmente, dell'asfalto.
Una nota a parte la meritano i grossi veicoli con motore Diesel, ad
esempio i SUV, che vediamo sempre più spesso in
città . Questi veicoli
sono dotati di un filtro che dovrebbe ridurre le emissioni delle PM10,
le micropolveri controllate per legge nelle città . In
realtà , questi
filtri fermano effettivamente le PM10, che, si noti, vengono espulse
dopo essere state degradate a dimensioni molto più ridotte
e,
attenzione, più micidiali, ma "a norma di
legge"�, nel senso che la
legge tiene conto solo delle polveri PM10, che si fermano nelle prime
vie aeree e vengono espulse con qualche colpo di tosse. Abbiamo visto
che molto peggiori sono gli effetti delle polveri con granulometria
più
fine, delle quali la legge non prevede un controllo.
Purtroppo troviamo nanoparticelle anche negli alimenti, ad esempio
nelle farine, per effetto della macinatura industriale, e nei farmaci,
dove vengono aggiunti talco o silicati come eccipienti delle pastiglie.
Altre nanoparticelle si possono trovare negli edifici, per effetto del
degrado dell'intonaco dovuto al tempo, ma anche per il rilascio
di
fibre di amianto da parte di tubi di eternit, di pannelli interni e di
linoleum, che fino ad epoca relativamente recente sono stati realizzati
con questo pericolosissimo minerale.
Per curiosità ricordiamo anche certi dentifrici e alcune
gomme da
masticare, che dovrebbero ripulire i denti per effetto
dell'aggiunta di
abrasivi, i quali non sono altro che polvere di vetro.
Una nota a parte la meritano gli inceneritori di rifiuti ed, ancor
più,
i cosiddetti "termovalorizzatori"�, che più
sono moderni e più emettono
nanopolveri. Sembra un paradosso, ma, per evitare, per quanto
possibile, l'emissione di diossine, si tende ad aumentare la
temperatura del forno, fino a mille gradi e più. Le alte
temperature
sono responsabili dell'emissione di grandi
quantità di nanoparticelle,
la cui composizione è la più disparata,
potendosi trovare anche metalli
pericolosi come il piombo, il mercurio, il cadmio, il cromo, ecc.
Tutte le volte che un manufatto di composizione eterogenea, come lo
sono i rifiuti, viene incenerito ad alta temperatura, vengono emessi
nell'aria i vari elementi che lo costituivano sotto forma di
atomi non
legati fra loro; questi ultimi possono di seguito riaggregarsi in modo
disordinato sotto forma di leghe, che non troverete mai in un trattato
di metallurgia, perché sono il frutto della combinazione
casuale degli
atomi.
Il fatto che agglomerati "strani"� si possano trovare
nell'aria e
all'interno dell'organismo di persone, che abitano nei
paraggi di un
inceneritore consente di affermare, con sicurezza quasi assoluta, che
tali nanoparticelle provengono dall'inceneritore,
perché soltanto le
alte temperature possono sintetizzare leghe casuali, che non sono
biocompatibili né biodegradabili e non figurano tra gli
inquinanti
ricercati di norma nelle emissioni dell'inceneritore.
Parlando di nanopolveri prodotte dalle alte temperature, non bisogna
dimenticare gli effetti dell'uranio impoverito, usato nelle
munizioni
delle armi moderne e associato con gravi malattie non solo dei soldati,
ma anche delle persone che vivono in aree di guerra o vicino ai
poligoni militari.
L'uranio impoverito è un'arma formidabile,
perché riesce a perforare
anche le corazze più robuste per via della grande forza di
penetrazione
e del fatto che esplode a 3.000 gradi "polverizzando"� i
bersagli. E'
verosimile che le gravi malattie riscontrate siano determinate non solo
dalle radiazioni dell'uranio, ma anche dalle nanopolveri, che
entrano
nell'organismo e determinano reazioni non del tutto prevedibili
e, in
ogni caso, sicuramente non benefiche.
L'uranio impoverito emette una modesta quantità di
radiazioni alfa, che
sono le più pericolose per l'organismo, gli
esperti dicono che
basterebbe un foglio di carta per fermare queste radiazioni e che si
potrebbe dormire tranquilli con un proiettile di uranio impoverito nel
cassetto del comodino. Il fatto grave, perà², è
che dopo l'esplosione
anche l'uranio si trova disperso nell'aria sotto forma
di nanopolveri e
puಠraggiungere il sangue e gli organi interni, dove le
radiazioni
possono fare danni non trovando nessuna barriera.
Tutta la questione che riguarda l'uranio impoverito è ancora
oggetto di
studio e le uniche tragiche certezze sono i tumori dei soldati (e non
solo) e le malformazioni dei loro figli.
Tutto il discorso sulle nanopolveri dovrebbe indurre ad una attenta
riflessione sulle attività dell'uomo, che sta
devastando l'ambiente non
solo con mezzi di distruzione, ma anche con lo sviluppo di tecnologie
che tendono a produrre sempre di più e sempre
più velocemente.
La velocità è la causa principale
dell'inquinamento, sia per la
necessità di maggiore energia, che per la notevole
produzione di
polveri.
E non si parla solo dei veicoli a motore. Una delle
attività più
antiche (e nobili) dell'uomo è la lavorazione del
legno per la
realizzazione di suppellettili e altri oggetti di uso comune, a volte
di notevole pregio.
Il legno è il prodotto naturale per eccellenza; si potrebbe
pensare che
il falegname sia un lavoratore che non corre rischi a causa della sua
attività . Invece stiamo osservando un numero crescente di
tumori delle
fosse nasali e dei seni paranasali, dovuti all'inalazione delle
polveri
di legno, che si sviluppano con l'uso di strumenti moderni (e
veloci)
usati nella lavorazione. In questo caso il progresso ha determinato un
aumento della polvere sviluppata, che essendo sempre più
fine ha potuto
penetrare all'interno del corpo. I tumori dei falegnami sono
molto
invasivi e richiedono interventi chirurgici demolitivi e terapie
radianti, che spesso interessano anche gli occhi, lasciando esiti molto
gravi.
I lavoratori utilizzano molti strumenti, che oltre ad aiutarli
nell'attività possono anche essere causa di
infortuni, di malattie
professionali e di inquinamento dell'ambiente non solo
lavorativo.
A titolo di esempio vogliamo descrivere due macchine che possiamo
osservare nelle nostre città e che potrebbero dimostrare
quanto possa
essere pericoloso il cosiddetto sviluppo tecnologico.
La prima è una sega circolare che taglia l'asfalto
prima di iniziare a
scavare nei cantieri. A parte il rumore assordante, lo sviluppo di
polvere è impressionante e si tratta di polveri sicuramente
pericolose:
l'asfalto è fatto di catrame mescolato con
pietrisco che, nella
migliore delle ipotesi, è composto da silicati, ma potrebbe
contenere
anche amianto. La macchina dispone a volte di un piccolo getto
d'acqua
per abbattere le polveri, però l'acqua asciuga
presto, la polvere resta
nell'ambiente e viene sollevata dal traffico veicolare.
La seconda meriterebbe un premio per la follia: si tratta di un
soffiatore portatile, che evita di usare la scopa per rimuovere le
foglie cadute dagli alberi. L'addetto, provvisto di cuffie (per
il
rumore) e di mascherina, utilizza una specie di grande asciugacapelli
con motore a scoppio, per spostare le foglie, sollevando nubi di
polvere, facendo rumore e inquinando con le emissioni del motore, che
in genere è un motore a due tempi, che brucia una miscela
di benzina e
olio ed è di gran lunga il motore più
inquinante tra quelli a
combustione interna.
Bisogna cercare di fare informazione e di stimolare le amministrazioni
a tutti i livelli al fine di diminuire l'inquinamento (non solo
da
polveri sottili) con disposizioni di legge severe e aggiornate
perché
non per nulla siamo la prima generazione nella storia del pianeta che
respira un'aria diversa da quella della generazione precedente.
Non è uno scherzo, si
tratta di un grave
pericolo per le
generazioni
future.
Non
esiste una
normativa
che obblighi alla rimozione delle
coperture
in fibrocemento in buon stato di conservazione, ma il passare del tempo
determina un progressivo deterioramento dei tetti con il rilascio
nell'ambiente di fibre: in questi casi, quando i danni del
materiale
sono evidenti, la legge prevede la bonifica e la sostituzione delle
coperture con altre senza amianto.
E' l'esposizione agli agenti atmosferici che determina
il progressivo
degrado delle coperture per azione delle piogge acide, degli sbalzi
termici, dell'erosione eolica e di microrganismi vegetali
(muffe,
licheni).
Per i motivi elencati, dopo anni dall'installazione, si possono
determinare alterazioni corrosive superficiali con
l' affioramento
ed il rilascio delle pericolose fibre.
I principali indicatori utili per valutare lo stato di degrado delle
coperture in cemento-amianto e conseguentemente l'aumento di
rischio di
rilascio di fibre, sono: la friabilità del materiale, lo
stato della
superficie con affioramenti di fibre e la formazione di muffe, la
presenza di sfaldamenti, di crepe, di rotture e di materiale friabile o
polverulento in corrispondenza di scoli d'acqua e grondaie.
Il segno più importante che dimostra
la
pericolosità del
tetto è la presenza di materiale fibroso conglobato in piccole
stalattiti in
corrispondenza dei punti di gocciolamento (foto).
In questi casi la dispersione
di
fibre è evidente e la
bonifica è doverosa.
28 febbraio 2010
Dott. ROBERTO
TOPINO
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In
igiene industriale
vengono considerate "fibre"� tutte le
particelle allungate, di tipo aghiforme, con un rapporto
lunghezza/diametro almeno pari a 3:1, un diametro uguale o inferiore a
3µ ed una lunghezza uguale o superiore a 5µ.
Per avere un'azione
patogena le fibre devono essere respirabili, cioè devono
essere in
grado di giungere fino al comparto polmonare più profondo,
quello
alveolare. Solo le fibre con diametro inferiore a 3µ e con
lunghezza
non superiore a 200µ possono essere respirate. Questi
requisiti sono
posseduti dalle fibre d'amianto, un materiale ampiamente usato
in
svariate produzioni industriali, proprio grazie alla sua struttura
fibrosa. Infatti tale struttura si rivela indispensabile per certi tipi
di lavorazioni. Ad esempio, nell'industria tessile non si
potrebbe fare
a meno di materiali in grado di essere filati, cosଠcome
nell'industria
dei materiali compositi, cioè quei prodotti in cui una
componente
solida particellare viene inglobata in una matrice amorfa resinosa, o
di altra natura, per formare un complesso resistente. In particolare,
in questo secondo tipo d'industria, i materiali fibrosi sono
usati
specialmente perché possiedono una superficie maggiore a
parità di
volume, rispetto alle particelle rotondeggianti, quindi offrono una
maggiore possibilità d'interazione chimica ed un
contatto fisico più
ampio con i componenti della matrice. Per questo motivo
l'amianto,
formato da fibre dotate di elevata resistenza alla tensione, grande
flessibilità , grande resistenza al calore e agli acidi,
è stato
ampiamente utilizzato nelle più diverse produzioni
industriali finché
non è stato messo al bando in molte nazioni tra cui
l'Italia, una volta
provata la sua cancerogenicità .
Amianto
nella storia.
L'utilizzo
dell'amianto
inizia in epoche lontane.
Per via della sua proprietà di poter essere filato e di
resistere al
fuoco veniva utilizzato ad esempio per produrre tovaglie che venivano
ripulite sulla fiamma, stoppini per le lampade e lenzuola per cremare i
cadaveri.
Plinio il Vecchio lo chiamava "lino vivo"� con
riferimento alla facilità
con cui poteva essere tessuto.
Grazie alla sua resistenza al fuoco, nel Medioevo fu associato con la
salamandra e con questo nome Marco Polo, nel Milione,
definଠun
minerale che veniva filato per fare delle stoffe, che non bruciavano se
gettate nel fuoco.
Il nome commerciale "Salamandra"� venne dato ai primi
materassi per
termocoibentazione in amianto prodotti industrialmente.
La
rivoluzione
industriale
iniziata con l'invenzione del
telaio
meccanico e, nella seconda metà del XIX secolo, con
l'utilizzo diffuso
della macchina a vapore e dei processi di fusione dei metalli,
determinಠun forte aumento dell'impiego
dell'amianto al fine di non
disperdere il calore dei forni, delle caldaie e dei tubi per la
distribuzione del vapore.
La produzione di amianto arrivಠa superare i 5 milioni di
tonnellate
all'anno.
Amianto
nell'edilizia"¦
Sempre
per via delle
sue
proprietà isolanti, l'amianto è stato
utilizzato in Europa per produrre manufatti per l'edilizia come
canne
fumarie, tubi dell'acqua, tetti (ondulati di cemento-amianto),
intercapedini (cartongesso), pavimenti (linoleum).
L'amianto è stato anche
utilizzato,
mescolato a caldo
con il catrame,
per impermeabilizzare i tetti piani.
Molto
pericolosa
è
stata
l'applicazione a spruzzo al fine di ottenere
uno strato isolante per pareti e soffitti. L'amianto in polvere
veniva
soffiato con l'aria compressa insieme ad una colla liquida
(tipo
Vinavil). Inutile dire che la lavorazione sviluppava nubi di polvere,
ma va anche detto che lo strato isolante cosଠottenuto non
era compatto
e, dove è stato applicato, puಠrilasciare
ancora oggi grandi quantità
di fibre di amianto nell'ambiente.
"¦
e nei
trasporti.
Sempre
al fine di
proteggere dal calore ed insonorizzare, è
stato
fatto un largo uso di amianto anche nei mezzi di trasporto: lo troviamo
nelle locomotive e nei vagoni dei treni, nelle intercapedini delle
navi, nei ripari dei motori, nei freni e nelle frizioni degli
autoveicoli.
Per quanto riguarda il settore ferroviario, basti pensare, ad esempio,
che in una carrozza ferroviaria passeggeri potevano essere collocate
anche 2 tonnellate di materiale coibente.
Proprio nel settore dei trasporti si concentra ben il 25% delle
neoplasie da asbesto complessivamente indennizzate dall'INAIL
dal 2001
al 2005.
Ben sapendo che possono passare decine di anni dal momento
dell'esposizione a rischio all'insorgenza di una
neoplasia provocata
dall'amianto, anche se questo pericoloso minerale è
stato messo al
bando, dovremo aspettarci numerosi casi di patologie neoplastiche
almeno per altri venti anni.
Si mantiene infatti elevato, rispetto al complesso delle neoplasie
professionali, il numero di quelle causate dall'asbesto, con
oltre 400
casi/anno riconosciuti (1), il 75% dei quali sono casi di mesotelioma
pleurico, che sono in costante aumento; infatti prima del 2000 i casi
riscontrati erano circa 100 all'anno (2).
Anche l'asbestosi rimane una delle principali patologie
polmonari di
origine professionale: nel quinquennio 2001- 2005 ne sono stati
riconosciuti dall'INAIL più di 1300 casi, di cui
il 25% diagnosticato
nel settore trasporti (3).
L'amianto
oggi
Nonostante
la messa
al
bando in Italia nel 1992, il rischio
amianto è ancora attuale ad esempio per gli operai impegnati
nella
manutenzione
o nei lavori di bonifica.
Possiamo trovare amianto anche
in
oggetti di uso
comune
tipo: forni da
cucina, asciugacapelli, stufe elettriche, assi per stirare, presine e
guanti da forno.
Non
dimentichiamo che
tuttora in Russia, in Canada, in Cina e in altre
parti del mondo, l'amianto viene ancora utilizzato e possiamo
trovarlo
in manufatti importati.
In Europa, alla fine degli anni novanta, l'amianto è stato messo
al
bando, ma mancando una normativa che ne imponesse la bonifica, lo
possiamo trovare ancora oggi in gran quantità e in
condizioni sempre
peggiori per via del deterioramento causato dal tempo.
L'amianto è un rischio professionale ed ambientale
di proporzioni
catastrofiche.
I dati di cui la letteratura scientifica sanitaria dispone a livello
mondiale riportano che l'amianto è stato
responsabile di oltre 200.000
morti negli Stati Uniti, e si stima che procurerà altri
milioni di
morti in tutto il mondo (4).
E' grave dover riscontrare che questa enorme tragedia era
annunciata e
poteva essere evitata, non utilizzando l'amianto.
Diversi
tipi di amianto
I
minerali di amianto
vengono suddivisi in due grandi gruppi:
il
serpentino e gli anfiboli. C'è un solo tipo di
amianto derivato da
minerale di serpentino, il crisotilo, noto anche come amianto bianco.
Gli anfiboli comprendono cinque tipi di amianto: amosite, crocidolite,
tremolite, antofillite ed actinolite. Due di questi sono le
varietà di
maggior valore commerciale: l'amosite, o amianto marrone, e la
crocidolite, o amianto blu. Gli altri anfiboli sono di scarsa
importanza commerciale. Indicazioni iniziali che il crisotilo potesse
essere meno pericoloso di altri tipi di amianto non sono state
confermate (5). Attualmente la maggioranza dei lavori scientifici
dimostra che anche il crisotilo causa tumori, compresi il cancro
polmonare ed il mesotelioma (6). Anche il crisotilo canadese, privo di
anfiboli, è associato a mesoteliomi (7).
Gli
effetti
sull'uomo sono
conosciuti da quasi un secolo.
Negli
anni venti del
secolo
scorso si cominciarono a studiare
gli
effetti dell'amianto sull'organismo evidenziando le
situazioni di
accumulo nei polmoni (asbestosi), nei decenni successivi si
cominciarono ad osservare gli effetti neoplastici di queste fibre, dal
carcinoma polmonare al mesotelioma pleurico e peritoneale, che possono
colpire non soltanto i lavoratori ma anche la restante popolazione a
causa della presenza di amianto anche negli ambienti esterni alle
industrie, ad esempio nelle città .
I temibili effetti sulla salute hanno determinato dapprima la messa al
bando delle lavorazioni più inquinanti, per esempio la
coibentazione a
spruzzo, e dell'utilizzo dell'amianto
nell'industria alimentare dove
serviva per filtrare il vino o per la cottura dei biscotti. Da non
dimenticare che l'amianto è stato utilizzato anche
nei filtri delle
sigarette.
Come
già
accennato prima,
l'amianto è stato messo al bando, ma
rappresenta ancora oggi un rischio non solo per i lavoratori, ma anche
per i cittadini.
In molti casi, quando si riscontra un tumore da amianto, non si riesce
ad individuare una causa di rischio legata al lavoro svolto.
E' ormai ben noto che anche l'inalazione delle fibre di
amianto
presenti negli ambienti urbani puಠessere fatale a
distanza di tempo.
Viene
spontaneo
chiedersi:
quanto amianto puಠessere
pericoloso?
Studi
condotti su
diverse
città italiane (Milano, Casale
Monferrato,
Brescia, Ancona, Bologna, Firenze), hanno evidenziato concentrazioni
aerodisperse di amianto crisotilo comprese tra 0,1 e 2,6 fibre/litro. A
Torino, per esempio, viene confermato da esperti del Politecnico e
dell'Inail che la concentrazione media di amianto è
di 1 fibra/litro.
Per legge, il primo livello di allarme indicativo di una situazione di
inquinamento è di 2 fibre/litro. Il livello stabilito dalle
normative
mette al riparo dal rischio di ammalasi di asbestosi, ma gli studiosi
concordano sul fatto che non evita il rischio cancerogeno.
Lo Stato della California ha cercato di dare un valore soglia e ha
stabilito, come livello di rischio non significativo, il valore di 100
fibre al giorno di amianto crisotilo, che per essere correttamente
misurato richiederebbe di avere a disposizione una tecnica strumentale
e una procedura in grado di raggiungere un limite di
rilevabilità pari
a 0,005 fibre/litro (8).
Gli strumenti attualmente utilizzati non hanno una tale precisione, ma
servono solo a misurare concentrazioni molto più elevate.
Il limite di
sensibilità degli apparecchi "a norma"� si
ferma a 0,4 fibre/litro per
cui anche superando fino a 80 volte il livello stabilito dagli studiosi
californiani, i nostri rilevatori continuerebbero a segnare zero.
Ma quanto amianto respiriamo?
Con la presenza di una
fibra/litro,
ipotizzando un
volume di
aria
respirata di 18 metri cubi al giorno, si puಠritenere, con
buona
approssimazione, che un uomo respiri in un giorno 18.000 (diciottomila)
fibre di amianto; questo valore viene definito "Concentrazione
di
Riferimento Ambientale"�.
La parola degli esperti.
Circa
dieci anni fa, il
compianto Prof. G. Scansetti
(Dipartimento
di Traumatologia, Ortopedia e Medicina del Lavoro
dell'Università di
Torino) in un articolo scientifico dal titolo "L'amianto ieri ed
oggi"�
scriveva: "L'ultimo effetto largamente
documentato, il più
temibile anche per la restante popolazione, è stato il
mesotelioma
multiplo maligno, della pleura e del peritoneo. Se in ambito
professionale nel nostro Paese ci dobbiamo attendere effetti ormai
soltanto riconducibili ad esposizioni "storiche"�, la
storia degli
effetti alla popolazione generale per la (bassa) contaminazione
generale è tutta da scrivere"� (9).
Il Professore ricordava anche gli studi relativi al cancro polmonare
associato all'esposizione all'amianto citando, tra
l'altro, due lavori
di uno studioso tedesco, Nordman (10), che nel 1941, con Sorge, diede
anche la dimostrazione sperimentale (11).
Fra il 1943 ed il 1944 un altro studio di Wedler cità²
anche "carcinomi
pleurici" nelle sue statistiche, tedesche, sui tumori
all'apparato
respiratorio degli asbestosici (12).
Il Prof. Scansetti ricordava anche un effetto negativo, non secondario,
indotto, fra gli altri, dalle guerre: gli Americani e, più
in generale,
gli Alleati non credettero a questi risultati dei tedeschi "“
pur giunti
a loro conoscenza "“ perché sospettati di essere
menzogne manipolate ad
arte dal nemico: basti pensare ai lavori di coibentazione, con grande
utilizzo di amianto, a bordo delle navi da guerra.
Le preoccupazioni di allora del Prof. Scansetti trovano oggi riscontri
precisi.
Il Ministero della Salute sottolinea che a differenza
dell'asbestosi,
per cui è necessaria un'esposizione intensa e
prolungata, per il
mesotelioma non è possibile stabilire una soglia di
rischio, ossia un
livello di esposizione cosଠridotto all'amianto, al
di sotto del quale
risulti innocuo. Il decorso della patologia tumorale è
molto rapido e
la sopravvivenza è in genere inferiore a un anno dalla
prima diagnosi.
Non sono state individuate terapie efficaci.
L'Università di Torino (Dipartimento di Scienze
Biomediche e Oncologia
Umana, Sezione di Anatomia Patologica) in un lavoro del 1997 dal titolo
eloquente "Implicazioni medico-legali della diagnosi di
mesotelioma. F.
MOLLO, D. BELLIS" riporta che: "è stato
ripetutamente affermato che
esposizioni molto lievi e brevi possono causare lo sviluppo del
mesotelioma maligno (13,14,15). Ma in pratica la dose-soglia cumulativa
(al di sotto della quale sia da escludere nel caso singolo la possibile
azione carcinogenetica dell'amianto nei confronti del
mesotelioma
maligno) non è definita (16), e forse non è
definibile".
Il
problema
dell'amianto è
ben conosciuto in Europa e l'Italia
ha
recentemente recepito la direttiva 2003/18/CE del Parlamento Europeo e
del Consiglio del 27 marzo 2003, che modifica la direttiva 83/477/CEE
del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi
con un'esposizione all'amianto durante il lavoro. In un
paragrafo della
direttiva si ricorda che: "Non è stato
ancora possibile
determinare il livello di esposizione al di sotto del quale
l'amianto
non comporta rischi di cancro".
Bibliografia
(1) Rapporto annuale INAIL
2005
(2) Rapporto annuale INAIL 2000
(3) Dati INAIL sull'andamento degli infortuni sul lavoro "“ Giugno
2006
(4) Sixth Collegium Ramazzini Statement (1999)
(5) UNEP, ILO, WHO, 1998
(6) Smith e Wright, 1996; Stayner, Dankovic e Lemen, 1996
(7) Frank, Dodson e Williams, 1998
(8) Concentrazione di riferimento ambientale dell'amianto
crisotilo in aree urbane: l'esperienza della città
di Pavia "“
Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia 1997
(9) L'amianto ieri e oggi "“ Fondazione Salvatore
Maugeri, IRCCS,
Pavia 1997
(10) Nordman M. Der Berufskrebs der Asbestarbeiter. Z.
Krebsforsch, 1938; 47: 288-302
(11) Nordman M., Sorge A. Lungenkrebs durch Asbeststaub in
Tierversuch. Z. Krebsforsch 1941; 51: 168-182
(12) Wedler H.W. Asbestose und Lungenkrebs. Dtsch. Med. Woch.
1943; 69: 575-576
(13) Bertazzi P.A., Piolatto G. Epidemiologia mondiale ed
italiana. In: Mesotelioma Maligno. Torino, Ed. Regione Piemonte. 1985,
18-31.
(14) Scansetti G., Piolatto G., Pira E. Il Rischio da Amianto
Oggi. Torino, Ed. Regione Piemonte. 1985.
(15) De Vos Irvine H., Lamont D.W., Hole D.J., Gillis C.R.
Asbestos and lung cancer in Glasgow and the west of Scotland. Br. J.
Med., 1993; 306: 1503-1506.
(16) Doll R., Peto J. Asbestos: Effects on Health of Exposure to
Asbestos. London: Health and Safety Commission, HMSO, 1985.
LATTE MATERNO, DIOSSINE E PCB -
Dr.ssa PATRIZIA
GENTILINI
25 febbraio 2010
Dott. ROBERTO
TOPINO
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commento
LATTE
MATERNO,
DIOSSINE E
PCB
"A
dispetto del
grande
affetto che noi abbiamo per i nostri bambini
e della grande retorica della nostra società sul valore
dell'infanzia,
la società è riluttante a sviluppare quanto
necessario
per proteggere i bambini dai rischi ambientali"
(Bruce P. Lanphear Children's Environmental Health Center "“ U.S.A. "“
oct. 2006)
Introduzione
Parlare
della contaminazione del latte materno da parte
di
sostanze inquinanti, tossiche e pericolose vuol dire affrontare un
argomento che fa venire i brividi al solo pensiero, tanto è
lo sgomento
che suscita in qualunque persona dotata di un minimo di
sensibilità e
buon senso. Prendere coscienza del fatto che l'alimento
più prezioso al
mondo "“ che non esito a definire "sacro“ contenga ormai
quantità elevate di sostanze pericolose e cancerogene, specie se
proveniente da
mamme residenti in territori industrializzati, è un
argomento tabù e
che credo non possa lasciare indifferente nessuno. Forse, proprio per
questo, tale argomento è fino ad ora rimasto confinato
nell'interesse
di pochi specialisti del settore e non è mai emerso, con
l'attenzione
che merita, al grande pubblico.
Il fatto di non parlare di questo problema e soprattutto
l'averlo
affrontato, almeno nel nostro paese, in modo sporadico, volontaristico
e non sistematico e su larga scala, non contribuisce tuttavia a
risolverlo, anzi, come tutte le cose lasciate nel dimenticatoio, quando
un problema di una tal portata emerge rischia di "esplodere", lasciando
spiazzati per i dubbi e gli interrogativi che pone innanzi
tutti medici e pediatri, ma, ancor più, ovviamente le
mamme che si
chiedono quali possono essere le conseguenze di tutto cià²
per i loro
bambini.
Ma perché proprio ora se ne parla?
Antefatto:
l'inceneritore di Montale
Il problema è emerso grazie al fatto che due mamme,
residenti in area
di ricaduta dell'inceneritore di Montale (Pt), si sono
volontariamente
sottoposte all'analisi del proprio latte grazie a fondi
raccolti dal
locale comitato contro l'inceneritore.
La questione è complessa e per una analisi più
dettagliata della
travagliatissima storia di questo impianto, si rimanda al documento, a
firma del Dott. M. Bolognini, Medico Igienista, già
responsabile
dell'Igiene e sanità pubblica dell'ASL 3,
zona pistoiese, scaricabile
sul sito dell'Ordine dei Medici di Pistoia. (1) Qui si vuol
solo dare
una breve descrizione della situazione, in modo da capire bene il
contesto in cui si è arrivati all'esame del latte
materno per
iniziativa dei cittadini.
L'inceneritore di Montale tratta 120 ton/giorno (pari a circa
36.000
ton/anno), recentemente autorizzato a 150 ton/giorno (45.000 ton/anno),
destinato a bruciare rifiuti urbani ma anche ospedalieri e speciali ed
è situato nella piana fiorentina, al confine fra 4 comuni:
Agliana,
Prato, Montale, Montemurlo.
L'impianto ha sempre presentato criticità ed anche
in passato erano
stati riscontrati superamenti nelle emissioni di diossine, ma, grazie a
deroghe, aveva sempre continuato a lavorare.
Nel maggio 2007 furono effettuati routinari controlli i cui risultati
analitici, comunicati solo in luglio, evidenziarono un importante
sforamento per diossine, che fu confermato nella successiva indagine
eseguita a distanza di pochi giorni per cui, a distanza di oltre due
mesi dalla prima indagine si giunse, il 19 luglio 2007, alla sua
temporanea chiusura. Nei mesi di funzionamento, da maggio a luglio,
facendo una media delle emissioni, si puಠstimare che
siano stati
emessi 50.000.000 ng di diossine ovvero quanto l'impianto
avrebbe
potuto emettere in quasi un anno e mezzo di attività .
Dal 2007 al 2009, anche in seguito alle vivaci polemiche che tutta la
vicenda aveva sollevato, da parte di ARPAT ed ASL furono fatte
analisi sia di tipo ambientale (suoli, vegetali, ecc.) che su
matrici biologiche (uova, carne di manzo, polli, anatre e pesce gatto
del locale parco pubblico) secondo la mappa di ricaduta riportata in
Fig.1. La media delle diossine nel suolo, secondo il modello di
ricaduta fornito da ARPA, ed escludendo un dato del tutto anomalo
riscontrato in prossimità dello svincolo autostradale di
Pistoia, in
via Ciliegiole (sito oggetto di pregresso grave incidente ambientale
per incendio di un grande deposito di prodotti per
l'agricoltura) è
riportato nella Fig. 2
Come
ben si evince
dalla
Tab. 1, la cosa più eclatante fu il
riscontro in 5 su 8 casi di polli esaminati di livelli di diossine
superiori a quelli consentiti per la commercializzazione:
ciಠmalgrado,
a tutt'oggi, nessun divieto in tal senso è stato
comunque emanato.
Trattandosi
di sostanze persistenti e bioaccumulabili, che finiscono
per accumularsi nel nostro stesso organismo, passano dalla madre al
feto ed anche attraverso il latte, due mamme residenti in area di
ricaduta, hanno volontariamente accettato di sottoporre ad analisi il
proprio latte, a circa due settimane dal parto. L'indagine è
stata
eseguita presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale la Chimica
per l'Ambiente, Via delle Industrie 21/8 di Marghera (Ve) ed il
costo è
stato sostenuto grazie ai fondi raccolti dal comitato contro
l'inceneritore. Il campione A proviene da mamma di 30 anni,
alla prima
gravidanza, il campione B da mamma di 32 anni, con due pregressi aborti
spontanei e due gravidanze a termine con relativi allattamenti.
Nessuna delle due presenta patologie di rilievo all'anamnesi,
abitudini
di vita regolari, alimentazione variata.
Campione A
Totale WHO-PCDD/F "“TEQ pg/g di grasso = 3,984 (limite sup 3,986)
Totale WHO "“ PCDD/F-PCB-TEQ pg/g di grasso = 10,621
Campione B
Totale WHO-PCDD/F "“TEQ pg/g di grasso = 5, 507 (limite sup
5,507)
Totale WHO "“ PCDD/F-PCB-TEQ pg/g di grasso = 9,485
Di
particolare interesse
nel
caso in
oggetto è il profilo di 12 molecole diossino-simili
appartenenti
ai Policlorobifenili (PCB dioxin-like) riscontati nei campioni di
latte materno che, come si vede dalla Fig. 3, è del tutto
sovrapponibile al profilo dei PCB emessi dall'impianto (analisi
a
camino di ARPA e del gestore) ed al profilo dei PCB riscontrati nella
carne di pollo.
FIGURA
3:
Profilo di 12 PCB dioxin-like in:
emissioni dell'inceneritore di Montale, polli, latte umano
Possiamo
quindi
affermare
che i PCB
rilasciati dall'impianto di incenerimento attraverso i fumi,
ricadono
nell'ambiente circostante e lo contaminano gravemente; pertanto
il
sospetto che proprio l'inceneritore sia il maggiore
responsabile della
contaminazione riscontrata negli alimenti (polli) e nel latte materno
acquista una ragionevole certezza. Ma cosa sono queste sostanze e che
effetti possono dare?
Diossine
e PCB:
cosa sappiamo?
Con il termine di "diossine" si
indica un gruppo
di 210
composti chimici appartenenti agli idrocarburi policiclici aromatici e
formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro. Capostipite di queste
molecole è la TCDD
(2,3,7,8"“tetraclorodibenzo-p-diossina), nota anche
come "diossina di Seveso" tristemente famosa in
seguito
all'incidente occorso ad un reattore di una multinazionale
svizzera, la
Roche, a Seveso, il 6 maggio del 1976. L'incidente
determinಠla
fuoriuscita di una nube tossica di tale sostanza con contaminazione del
territorio e danni alla salute per le persone esposte sia di tipo acuto
che a lungo termine. Tali danni si protraggono nel tempo e a
tutt'oggi
vengono riscontrati e studiati: è di recente pubblicazione,
ad
esempio, il fatto che i bambini nati da madri coinvolte
nell'infanzia nell'incidente di Seveso presentano alla
nascita
alterazioni della funzione tiroidea in modo statisticamente
significativo: ciಠsignifica che anche se questi neonati
non sono stati
direttamente esposti all'incidente di Seveso le conseguenze
dell'esposizione materna si riscontrano a distanza di oltre 30
anni
dall'incidente. (2)
Queste molecole sono divise in due famiglie:
policloro-dibenzo"“p-diossine (PCDD) e policloro-dibenzofurani
(PCDF o
furani); le singole molecole appartenenti a tali famiglie vengono
indicate col termine di "congeneri"� e, nello specifico,
si contano 75
congeneri di PCDD e 135 congeneri di PCDF.
Si tratta di molecole particolarmente stabili e persistenti
nell'ambiente; i loro tempi di dimezzamento (ovvero il tempo
necessario
perché la dose si dimezzi) variano a seconda delle
molecole e della
matrice esaminata: ad esempio per la TCDD i tempi di dimezzamento
sono da 7 a 10 anni nel corpo umano e fino a 100 anni nel
sottosuolo.
Si tratta di sostanze insolubili in acqua e che hanno viceversa una
elevata affinità per i grassi. Sono soggette a
bioaccumulo, cioè si
concentrano negli organismi viventi in misura nettamente maggiore
rispetto all'ambiente circostante; nell'uomo la loro
assunzione avviene
per oltre il 90% per via alimentare, specie attraverso latte, carne,
uova, formaggi ecc.. (3) Sia PCDD che PCDF rientrano fra i 12
Inquinanti Organici Persistenti riconosciuti a livello internazionale e
messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma sottoscritta da 120
paesi, fra cui l'Italia.
Le diossine sono sottoprodotti involontari dei processi di combustione
e si formano in particolari condizioni di temperatura ed in presenza di
Cloro. Secondo l'ultima edizione dell'inventario
europeo delle diossine
(4) le principali fonti per l'Italia di produzione di tali
inquinanti
sono rappresentate dalle combustioni industriali (64.4%), di cui oltre
la metà (37% del totale) da incenerimento di rifiuti
urbani, il
traffico stradale contribuisce solo per l'1.1%.
A differenza delle diossine i Policlorobifenili (PCB) sono stati invece
prodotti deliberatamente dall'uomo tramite processi
industriali. La
loro produzione è iniziata negli anni 30 ed è
perdurata per oltre 50
anni, fino al 1985, quando sono stati ufficialmente banditi
stante la loro pericolosità . Dei PCB si conoscono 209
cogeneri, 12 di
questi sono molto affini alle diossine e vengono denominati
"dioxin-like"�. Anche questi sono composti molto
stabili, anche ad alte
temperature, decomponendosi solo oltre i 1000-1200 gradi. Sono stati
utilizzati sia in sistemi chiusi (trasformatori) che come additivi per
ritardanti di fiamma, antiparassitari ecc..
Tossicità
La TCDD (o diossina di Seveso) è stata riconosciuta nel
1997, a 20 anni
dal disastro di Seveso ed anche in seguito agli studi fatti sulla
popolazione esposta, come cancerogeno certo per l'uomo ad
azione
multiorgano ed è conosciuta come la sostanza
più tossica mai
conosciuta; la sua tossicità per l'uomo si misura
infatti in
picogrammi, ovvero miliardesimo di milligrammo ed è legata
alla
straordinaria affinità che la diossina ha per il recettore
AhR (Aryl
Hydrocarbon Receptor), un recettore presente ampiamente nelle cellule
umane, ma non solo: esso è infatti presente in vertebrati
marini,
terrestri e aviari e si è ampiamente conservato nel corso
dell'evoluzione.
In particolare, l'AhR sembra avere un ruolo chiave per il
normale
sviluppo del sistema immunitario, vascolare, emopoietico, endocrino,
come dimostrano esperimenti condotti su animali trans-genici (ovvero
modificati in modo da essere geneticamente privi di questo recettore)
ed è coinvolto nelle più disparate funzioni
cellulari (proliferazione,
differenziazione, morte cellulare programmata) fino alla regolazione
del ritmo sonno-veglia. Di straordinario interesse la recente scoperta
che tale recettore attiva i linfociti T regolatori (T reg),
determinando di fatto una immunodepressione e spostando
l'equilibrio
del sistema immunitario verso una maggior tolleranza nei confronti
delle cellule trasformate in senso tumorale. (5)
Diossine e PCB rientrano poi nel grande gruppo di sostanze denominate
"endocrin disruptor"�, ovvero inferenti o distruttori
endocrini, nel
senso che mimano l'azione degli ormoni naturali interferendo e
disturbando funzioni complesse e delicatissime dell'organismo,
quali
quelle immunitarie, endocrine, metaboliche, neuropsichiche. Di fatto
l'esposizione a diossine è correlata sia allo
sviluppo di tumori (in
particolare, per la TCDD, a linfomi, sarcomi, tumori a fegato,
mammella, polmone, colon) ma anche a disturbi riproduttivi,
endometriosi, anomalie dello sviluppo cerebrale, endocrinopatie (in
particolare diabete e tiroide), disturbi polmonari, danni metabolici
con innalzamento di colesterolo e trigliceridi, danni cardiovascolari,
epatici, cutanei, deficit del sistema immunitario.
Da studi condotti in particolare su cavie risulta che
l'esposizione a
diossine è particolarmente pericolosa durante le prime fasi
della vita,
specie in determinate "finestre espositive"� (6) ovvero
specifici
momenti dello sviluppo embrionale e fetale. I limiti raccomandati da
OMS ed Unione Europea sono di 2 pg/kg di peso corporeo al
dà¬, per cui
un individuo adulto di 70 kg dovrebbe assumerne giornalmente al massimo
140 pg.
Va inoltre ricordato che, attribuita per convenzione alla TCDD una
tossicità pari a 1, tutti gli altri congeneri hanno una
tossicità
inferiore, anche di molti ordini di grandezza. Anche per i diversi
congeneri la tossicità è funzione della
affinità del legame fra singola
molecola e recettore AhR, che, per quanto sopra detto, è
inferiore
rispetto alla TCDD. La tossicità dei vari congeneri
rispetto alla TCDD è espressa con un Fattore di
Tossicità
Equivalente (TEF); dal momento
che nelle diverse matrici sono presenti miscele dei diversi congeneri
si è introdotto il concetto di Tossicità
Equivalente (TEQ), che si
ottiene sommando tra loro i prodotti tra i fattori TEF dei singoli
congeneri e le rispettive concentrazioni con cui si presentano nella
matrice in esame
Diossine
nel latte
umano: risultati
Per le caratteristiche proprie di queste molecole (persistenza,
bioaccumulo, lipofilia, concentrazione, specie in alimenti proteici
quali carne, uova, latte) le diossine si accumulano, proprio
perché
l'uomo è all'apice della catena alimentare,
nel nostro stesso corpo e
vengono trasmesse già durante la vita fetale (unitamente
ad altri
inquinanti) e poi attraverso l'allattamento dalla madre al
bambino.
Non va dimenticato che questi non sono certo gli unici inquinanti
presenti nel nostro organismo: si stima infatti che ben 300 sostanze
tossiche, di cui molte cancerogene, si trovino stabilmente nel nostro
organismo e siano, al pari delle diossine, trasmesse alla prole;
ricordiamo, per esempio, mercurio, piombo, nichel, arsenico, cadmio,
benzene, idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi ecc..
Tornando al latte materno, la quota di diossine presenti varia, da dati
di letteratura pubblicati fino al 2004 (7-10) da 3.2 pg a
15 pg TEQ/grammo di grasso; sapendo che la componente grassa
è
circa il 4% del latte, si puಠfacilmente calcolare la dose
introdotta
quotidianamente da un bimbo di pochi mesi che assuma 800-1000 cc di
latte materno al giorno, essa varierà da 80-90 pg a
500-600 pgTEQ/die.
àˆ interessante notare che la quota di diossine presenti nel
latte
materno varia a seconda che i campioni provengano da mamme residenti in
aree rurali o industrializzate. La quota di diossine presenti nel latte
materno è comunque elevata e ciಠcomporta che
un bambino allattato al
seno assuma quotidianamente una dose nettamente superiore a quella
raccomandata dall'OMS che, ricordiamo, è di 2 pg/kg
corporeo, per cui
un bimbo di 5 kg dovrebbe assumerne al massimo 10 pg. Mentre in Italia
mancano dati puntuali e su larga scala per indagare gli inquinanti su
latte materno e quelli disponibili spesso sono stati condotti su
"pool"�
di campioni, in altri paesi risultano condotti studi di maggior
respiro. Ad esempio, di recente è stato pubblicato un
lavoro eseguito
su 169 puerpere in Germania (11) che ha mostrato concentrazioni (sempre
espresse in pg per grammo di grasso) di PCDD/F e PCB variabili
tra 3.01 e 78.7 pg TEQ/g di grasso, con un valore medio pari a 27.27 pg
TEQ/g; le donne che avevano vissuto lontano da aree industrializzate
mostravano i valori più bassi. Un altro studio effettuato
su 120
puerpere giapponesi, della zona di Tokio (12), mostrava valori totali
medi di PCDD/Fs e Co-PCBs (policiclobifenili complanari) nel latte
materno pari a 25.6 pg TEQ/g di grasso.
In Cina, uno studio recentissimo (13) e molto ampio, in quanto condotto
su 1237 campioni provenienti da altrettante puerpere in 12 provincie
del paese e rappresentativo del 50% dell'intera popolazione
cinese, ha
fornito i seguenti risultati per PCDD/PCDF-PCB: valori di TEQ, espressi
in pg/g di grasso, variabili da 2.59 a 9.92, con una media di 5.42.
Anche da questo studio si è confermato che il latte di
puerpere
residenti in aree rurali era fortemente meno inquinato di quello di
donne residenti in aree industrializzate.
In Italia, a Taranto (14), anche qui come a Montale per iniziativa
spontanea di cittadini, sono stati eseguiti esami su 3 campioni di
latte materno con valori di TEQ di PCDDF e PCB dioxin-like,
espressi in pg/g di grasso, rispettivamente di 31.37, 26.18
e 29.40.
Il valore medio (media aritmetica) risulta essere 29.1 pgTEQ/g di
grasso, più alto del 13.6% di quelli ottenuti in Giappone
e del
6.7% rispetto alla media ritrovata nello studio tedesco.
Valori
elevatissimi, assolutamente al di sopra di
qualunque
segnalazione di letteratura e pari a ben 147 pg/grammo di grasso fra
PCDD/PCDF e PCB sono stati riscontrati in un campione di latte di
una mamma bresciana, residente in area contaminata da industria
produttrice di PCB (Caffaro) e che si era sempre alimentata con
prodotti coltivati in loco. L'esame fra l'altro è stato eseguito
al 3°
mese di allattamento, quando presumibilmente una quota consistente di
contaminanti era già stata ceduta al neonato. (15)
Discussione
Certamente un esame condotto su due soli campioni non
puà²
assumere una valenza scientifica, assume tuttavia un chiaro significato
di denuncia e si presta ad alcune a considerazioni:
perché questi esami di
biomonitoraggio
non sono
eseguiti su
larga
scala ed in modo sistematico nel tempo, in modo da valutare
l'evolversi
della quota di inquinanti presenti nel latte materno? In altri paesi
viene documentato un decremento, probabilmente per effetto di misure di
prevenzione conseguenti, anche, alla convenzione di Stoccolma, ma in
Italia sappiamo cosa succede?
chi puಠin tutta
onestà
ritenere che gli attuali
livelli di
contaminazione del latte materno siano scevri da rischi per la salute
dei bambini e non siano inevitabilmente destinati ad aumentare se
si prosegue in politiche di incenerimento e combustione, sia che
si tratti di biomasse o di rifiuti, come si sta registrando
ovunque in Italia?
come ci si puà²
ragionevolmente
"fidare"� di nuove o
migliori
tecnologie impiantistiche (BAT) se è indiscutibile
che anche da
un impianto tenuto sotto stretta osservazione "“ dopo gli
incidenti
occorsi "“ quale quello di Montale, i PCB sono emessi in
quantità
assolutamente non trascurabili ed altrettanto accade, fatte le debite
proporzioni, per il tanto decantato inceneritore di Brescia?
perché in uno studio,
denominato
Moniter, promosso
dalla
Regione
Emilia Romagna, con una spesa di oltre 3 milioni di Euro, condotto per
valutare le ricadute sulla salute in prossimità degli 8
inceneritori
della regione e varato dopo la diffusione dei dati dello studio sui due
inceneritori di Forlଠ(studio di Coriano), non è
stato previsto alcun
campionamento di diossine su matrici biologiche, in particolare su
latte materno di donne stabilmente residenti in area di ricaduta di
tali impianti e/o in animali da cortile, dato che la via principale di
assimilazione di queste sostanze è quella alimentare?
sappiamo bene che l'OMS
raccomanda comunque
l'allattamento
materno fino al 6° mese pur in presenza di contaminanti e,
per quanto è
dato sapere, non ci sono per ora protocolli che ne valutino caso per
caso la durata in funzione della quantità di sostanze
presenti nel
latte; è tuttavia accettabile che un bimbo di 5 kg
possa
indifferentemente assumere da 18 a 240 pg/kg di peso (invece dei 2
raccomandati da OMS ed UE per gli adulti) al dଠa seconda
che risieda
in una zona rurale, a Brescia o Taranto o 80 pg/kg di peso se risiede
nel territorio di ricaduta dell'inceneritore di Montale?
come si possono dare consigli
scientificamente
motivati in
merito
se non si impostano studi su larga scala e protratti nel tempo?
chi puಠassicurarci
che il triste
primato che
l'Italia
detiene
riguardo il cancro nell'infanzia, ovvero un incremento del 2%
all'anno,
pressoché doppio di quello riscontrato in Europa (1.1%
annuo) non abbia
relazione con l'esposizione già in utero e poi
attraverso il latte a
questa pletora di sostanze tossiche e pericolose?
perché devono essere i
cittadini e
soprattutto le
mamme a
porsi
questioni cosଠcruciali dovendo sempre fare da
"traino"� alle
istituzioni la cui unica preoccupazione sembra essere quella di
"tranquillizzare"� sempre e comunque i cittadini?
perché non ammettere "“
onestamente "“ che la questione è
talmente scabrosa che di fatto si è preferito fino ad ora
ignorarla?
Perché non si comincia, ad esempio, con una analisi
sistematica degli
inquinanti presenti nel cordone ombelicale, data la
disponibilità delle
banche del cordone?
per il futuro
cosa si
pensa di fare?
Non
sarebbe il
caso di cominciare chiudendo definitivamente inceneritori come quello
di Montale, per il quale esistono ormai le prove del suo coinvolgimento
nella contaminazione riscontrata negli alimenti e perfino nel latte
materno, e al tempo stesso abbandonare le dilaganti politiche di
incenerimento di materiali di ogni tipologia e composizione? I rifiuti,
come dice la legge, devono essere smaltiti "senza danno per la
salute e
per l'ambiente"� e ciಠè
assolutamente possibile già oggi escludendo del
tutto le combustioni ed evitando in buona misura anche il conferimento
in discarica.
Conclusioni
Non aver dato, almeno fino ad ora, il giusto
risalto al
fatto
che il latte materno, nelle aree industrializzate, è
pesantemente
contaminato non puಠessere casuale; vien da pensare che
l'aver
trascurato questo problema sia il frutto di una rimozione dei problemi
più scomodi e drammaticamente coinvolgenti, che vengono di
fatto
relegati in una sorta di "inconscio collettivo"�.
Riconoscere infatti l'esistenza di una pesante contaminazione
del latte
materno nelle aree industrializzate non puಠnon
comportare, di
conseguenza, il riconoscere il fallimento di un modello di
"sviluppo"�
di una società come l'attuale, che non si è mai
curata delle
conseguenze delle proprie scelte e soprattutto delle ricadute su quella
che dovrebbe essere al primo posto nei pensieri di una
comunità civile,
cioè l'infanzia. Se percepiamo appieno la
gravità di aver inquinato fin
anche il latte materno, non è più di
consolazione sapere che
determinati valori sono "nella media"�: essere
contaminati nella media o
ammalati nella media o morti nella media non risparmia sofferenza e
dolore e soprattutto non consola quando si prende consapevolezza che
questa "media"� è superiore a quanto sarebbe
tollerabile o
raccomandabile, non a causa di eventi ineluttabili, ma di scelte
operate deliberatamente. Il proverbiale "mal comune"�
deve cessare di
essere considerato "mezzo gaudio"� e deve viceversa
diventare lo stimolo
ad unire le forze per trasformarlo in "bene comune"�.
Da tutto questo non puಠche conseguirne, specie per i
medici e per
tutti coloro che hanno responsabilità decisionali,
l'impegno ad
adottare immediate e concrete soluzioni, già oggi
disponibili, che
evitino in ogni modo la combustione di rifiuti e che portino alla
completa inertizzazione dei materiali pericolosi. Bisogna
contemporaneamente agire e studiare: se da un lato il problema della
contaminazione del latte materno va approfondito con rigore in tutti i
suoi aspetti, dall'altro bisogna già da subito
evitare di aggravarlo,
bandendo pratiche assurde quali quelle dell'incenerimento dei
rifiuti,
di biomasse e quant'altro.
Per nessuna donna al mondo può esser accettabile anche
solo l'idea di
trasmettere al bimbo a cui ha dato la Vita, attraverso il proprio
latte, pericolosi veleni. La consapevolezza che questo, purtroppo,
'è
invece ciò che accade, non può non
risvegliare le donne da un torpore
durato già troppo a lungo, spingendole a riprendersi il
diritto di
trasmettere vita e non veleni alle proprie creature!
Patrizia
Gentilini Associazione Medici per l'
Ambiente
13 Febbraio 2010
E.Stevenson et al.
The
aryl
hydrocarbon receptor:
a
perspective
on potential roles in the immune system Immunology, (2009), 127,
299"“311 299
S. Jenkins
Prenatal
TCDD
exposure
predisposes for
mammary
cancer
in rats Reprod. Toxicol. (2007); 23(3) 391-396
Furst.P et al.
PCDD,PCDFs, PCDFs and
dioxin-like
PCBs
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national survey of
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dioxins, furans (PCDD/Fs) and dioxin-like polychlorinated biphenyls
(dl-PCBs) in human milk in China . Chemosphere. (2009)
75(9):1236-42.
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integration of any sort cause the loss of permission to duplicate
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2) Any circulation of the duplicates, whatever the support, must be FREE OF
CHARGE.
<Derivano
da un altro sito - o meglio: da uno dei libri da questo derivati -
alcune pagine di argomento introdutivo ai concetti base della MEDICINA
e della CONSAPEVOLEZZA:
i nuovi volumi possono esser
acquistati come veri "libri", ma i relativi
COMPLETI pdf possono senza
limitazioni venir SCARICATI e stampati a proprie spese dall'utente. /
From another site people can make free download of pdf files
and also of COMPLETE books - sorry - only in Italian
Questa rielaborazione
del famoso Sonno della
ragione
di Goya
- ufficialmente
copyright - è resa molto
più
inquietante dell'originale per essere
utilizzata come copertina
del libro e spiegata
dal DisegnatoreAndrzej
(Andrew) Suda/ This powerful,
more puzzling creative
modification of the Goya's
Sleep
of reason- marked by the official
Copyright
- here is used as book
cover's
image, and explained by the Designer: Andrzej
(Andrew) Suda:should look just like
many of the
events described by the victims: they exist,
are
bothersome,
and we don't know exactly WHY they are there but they are
there"¦
[come molti dei fatti descritti dalle vittime: essi
esistono, turbano e noi non riusciamo a conoscere esattamente il
PERCHE'
ci siano, ma ci sono....]
/About
the Book
This book not only documents the case of Andrzej Suda, it is also
filled with documentation from the worlds most influential documented
cases of psychological abuse, electronic harassment, organized stalking
and mind control.
Some
cases include Rauni
Leena Kilde MD., Dr.
Reinhard Munzert, Kathy
Sullivan, David
Larson, and many
others...
Please
support the
truth with the purchase of our book. This
will document
many technologies and mind control weapons that have
been kept hidden from the mainstream public. Over 600
pages of
action packed TRUTH!
In
data 14
luglio 2005 il sito on-line si è rispecchiato in
modo organico come
volume
ENCICLOPEDICO in cui differenti Autori - ciascuno con un proprio
Copyright - raggruppani i loro differenti
contributi sotto il collettivo acronimo www.aisjca-mft.org di
Associazione, Italiana,
scientifica e giuridica contro gli abusi mentali, fisici e tecnologici.
Si tratta quindi di un ampio volume di consultazione, senza autore
personalizzato ma con l'Associazione stessa come indicativa di AA.VV -
Autori Vari.
Per
maggiori informazioni sul libro vedi il file a ciò
dedicato: Libro/book.
Per acquistarlo o semplicemente per conoscerne le presentazioni
editoriali:
Via Ormea 69
10125 Torino
(ITALY)
Tel/Phone:
0039 0116507074 /
00390116505228
Fax:
00390116502900
Il
sito - profittando delle
enormi facilità offerte dalla Rete Internet e dal
continuativo
affluire
di testimonianze e documentazioni - nel frattempo si à¨
molto
modificato. In attesa di una totale revisione - che perಠa
sua
volta
stante i ben diversi tempi di stampa rispetto all'immediatexzza della
messa in rete sarà già a sua volta inattuale
- ne ਠstato pubblicato il
supplemento come volume autonomo UP-TO-DATE
DOSSIERS of It's
Abuse
NOT Science fiction = Gli
Abusi mentali, fisici e
tecnologici NON sono Fantascienza a
sua volta ora non
più
adeguato a contenuti incessantemente in corso d'opera: per cui si
invitano i lettori a rivedere sovente il sito gli eventuali nuovi file.
Dalla
presentazione dettagliata del libro It's Abuse
NOT Science
fiction, e dalla data di pubblicazione - 14 luglio 2005 -
molto ਠcambiato e molti
DOCUMENTI sono stati sia sostituiti che aggiunti. In attesa di
una completa nuova
edizione
del volume principale ne viene
per ora edito un SUPPLEMENTO INTEGRATIVO UP-TO-DATE
DOSSIERS. Per
molte vittime risulta più
facile
esporre passate sofferenze per
scritto che a voce: la diffusione di questi
rivissuti come di
nuovi
fatti ora ਠassicurata da
questa
NUOVA PUBBLICAZIONE: un autonomo
volume.
*************************
The
book
previously
published at present needs to be modified. It's
Abuse NOT Science fiction published on July 14 2005 shortly
became OUT
OF DATE and so required to
present also the consequent novelties coming
from readers comments, from new deeds and MOSTLY on present-day
flash-back
discolosures
- to note that for
some victims it is often easier to write
than to
speak. UP-TO-DATE
DOSSIERS of
It's Abuse
NOT Science fiction =
Gli Abusi
mentali, fisici e
tecnologici NON sono Fantascienza for the
time being is a supplementary
book,
supplementary but matching
also by itself not only to propose simple
improvement, rather to share new particularly important
DOCUMENTS.
Mental,
physical and technological abuses: NOT science fiction.
Italian
Association, Scientific and Juridical, Against Mental, Physical and
Technological Abuses - acronym aisjca-mft
- was founded and its mouthpiece Web site was put on the Net;
then, in
July 2005, the whole Web site how it looked like at that time became
also an ENCYCLOPEDIC
book. But, because of its own statutory nature a
Web site on the contrary to a printed book as can't
be a "definished" work: in fact it DOES
NOT aim at
providing purely historical documentation, but
at collecting a CONTINUATIVE
adjournment about facts and testimonies.
Thanks to this dynamism requests and debates concretize into other
"facts" and these debates do not remain theoric
discussions.
And so,
in this years, in conformity with these presuppositions, some files
have been greatly modified and others completely created: with new
information about facts and authentic texts of testimonies which are
still being collected. Then came the impellent necessity to publish
in preview this new data as a SUPPLEMENT
of the main book, before
starting
its real second edition not only revised but also even better adjourned.
Una citazione
L'attenzione
va spostata sul cittadino, troppo spesso rassegnato.
Questo è il nodo centrale. Dinanzi alla propria
indignazione,
tanti reagiscono con l'apatia o cedendo a forme di protesta
senza una
direzione. La fase critica, infatti, non si trasforma in un momento
progettuale ma si perde nella frammentazione e nell'isolamento.
Una
sfida da raccogliere per pensare nuovi modelli di aggregazione che
sappiano andare oltre la semplice rivendicazione per attivare nuclei
progettuali, con l'ausilio delle forze vive.